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The social dilemma è un documentario marchiato Netflix che parla dell’utilizzo dei social e di come essi siano diventati una droga per l’uomo. Questo documentario ha una trama interessante, divisa in due, la prima parte è una narrazione di fantasia ma probabile e racconta la storia di una famiglia americana aventi i figli dipendenti da internet e poi c’è il vero documentario, una sorta di lezione sull’uso dei social, sulla loro creazione e evoluzione nel marketing e nella psicologia, in tutto ciò possiamo assistere alle dichiarazioni di persone molto in vista nella creazione dei social.

Presenti in questo documentario vi sono molte persone di alto livello, però uno di loro spicca, la persona quasi “protagonista” è un ragazzo che ha lavorato per l’etica di Facebook, ma ci sono tante altre persone importati, il cofondatore di Twitter e il creatore del mi piace di Facebook per esempio. Queste persone oltre a raccontarci il mondo dei social, ci fanno capire quale è l’idea iniziale, dalla creazione allo scopo finale, ovvero quello di far divenire il social un bisogno vitale.

La mia recensione ho deciso di strutturarla su queste 5 parole:

---------------------------------------------------------------------------Strumento-------------------------------------------------------------------------------

The social dilemma riesce molto bene in quello che vuole fare, magari anche utilizzando iperboli, ma fa capire esattamente che oramai siamo controllati e dipendenti dai social, che questo non è più un’applicazione sul nostro smartphone, ma una seconda vita fittizia che ci distrae da quella principale e veritiera. Il social dovrebbe essere un'applicazione che usiamo a scopo di diporto, uno strumento su cui passiamo poco tempo per divertirci, condividere esperienze e pensieri in modo più veloce possibile avvicinando a noi tante persone con conseguente aumento dell’informazione, cultura e esperienza. Purtroppo il social è sempre meno uno strumento che noi possiamo adoperare e noi, gli utilizzatori stiamo diventando lo strumento del social. Non più degli umani, ma dei sacchi vuoti, con un pensiero unificato e alienati da un software. 

-----------------------------------------------------------------------------Droga----------------------------------------------------------------------------------

Il ragazzo che ha lavorato per il reparto etico di Facebook ci fa capire in modo chiaro e semplice la questione della dipendenza, ci dice inoltre che ha creato una fondazione per limitare i social e aumentare la socialità. I social sono una droga, scatenano in noi un bisogno intrinseco e biologico, un attaccamento allo stare bene nel non pensiero. I social permettono di non pensare, di scorrere la home, spegnere il cervello intrappolandoci in un vortice di tempo perso, solitudine e insicurezze. Si, insicurezze perché i social divenuti il nostro velo di maya, ci rendono semplicemente finti. Queste applicazioni su cui noi possiamo ricrearci sono come lo zucchero, un po’ è buono e non fa male a nessuno, ma quando se ne prende tanto, è sregolato e senza limiti se ne vuole sempre di più e prende il controllo su di noi. Non ci si riesce a fermarsi ed è causa di tantissimi problemi. 

-------------------------------------------------------------------------Apparenza--------------------------------------------------------------------------------

Come è possibile che un social prenda così tanto le persone? Credo che i motivi siano diversi e cambino anche rispetto alle persone, ma credo che alla base di tutto ci sia l’apparire. Su un social tu puoi ricreare te stesso, puoi finalmente essere ciò che hai sempre voluto. Senza emozioni vere, istantanee e improvvise. Ci stiamo sempre di più abituando a programmare le nostre emozioni, a decidere a priori le nostre reazioni tralasciando il vero di noi stessi. I social sono mera apparenza, io non sono il ragazzo che c’è su Instagram, io vivo, respiro, penso e soffro come tutti me nella vita reale e non su un social, io posso decidere di filtrare me stesso e così uscire da me e divenire un altro soggetto che però non sono più io. Credo che la preoccupazione a questo punto sarà riconoscere e decidere chi voglio essere. Perché essere me se il ragazzo di Instagram è più apprezzato? Voglio essere come lui, e quindi ci sarà una scissione dell’io. Una promessa di libertà tramutatesi in una gabbia interiore. La speranza di poter dire ciò che si vuole di poter scegliere quanto e cosa guardare è chiaramente stata distrutta da un attento studio della psicologia umana applicata al marketing e sfruttata per il lucro su di noi. Questo è solo un altro di modo di commerciare schiavi.

--------------------------------------------------------------------------Presenza----------------------------------------------------------------------------------

Quella dei social è una presenza costante, nel documentario viene analizzato molto questo aspetto. I feed. I social sono sempre presenti, inviandoci notifiche cercano sempre di invogliarci a cliccare e scorrere, a vedere qualcosa. Questo poiché da parte loro c’è un guadagno, sia in termini di dati, conoscono più di noi, ma anche a livello monetario, noi siamo la merce della nostra merce. Un circolo vizioso di auto cibamento reciproco. Non a caso i social si stanno facendo sempre più simili e mostruosamente efficaci, una home a scorrimento, con video brevissimi e di impatto che puntano sull’estetica. Esteti vuoti che spiccano per essere tali. 

----------------------------------------------------------------------------Lucro------------------------------------------------------------------------------------

Il social è prima di tutto lucro su qualsiasi cosa. Espressione capitalistica per eccellenza. C’è una palese e costante ricerca di profitto, le persone vengono usate e manipolate da altre persone intenzionate solo a fare soldi. Si evidenzia inoltre un divario molto forte e importante tra le persone e i ceti sociali. Tra chi:

  • Crea i social, si arricchisce in modo sproporzionato creando una vera dicotomia economica, sulle spalle di chi andrà usare il prodotto ma anche su di chi ci lavora. L’ideatore del progetto prenderà moltissimi soldi e le persone che rendono il progetto possibile, quindi sono di fatto le più importanti, avranno un compenso misero rispetto al capitale del capo. 

  • Chi li usa, persone che trovano il modo di alienare la loro stanchezza, ansia e pressione sociale spegnendo il cervello su un dispositivo e sui social, che, nonostante il nome, annichiliscono la socialità. Una cosa simile la rivedo dei reality show, una persona che ferma la sua vita, evidentemente priva di veridicità che cerca ciò nella vita presente in uno show, rendendosi conto ma non volendo ammetterlo che tale cosa è solo finzione. Ci stiamo costruendo attorno un nostro Truman show personale.

La recensione è finita, per concludere ribadisco che ho trovato il documentario davvero bello e interessante. La parte che ho trovato meno godibile credo sia stata la storia della famiglia, poiché mi sembrava solo un ribadire un concetto precedente allungando il brodo a favore del minutaggio del “film”. Credo che tutti dovrebbero vedere questo documentario e magari disinstallare qualche social, iniziare a vivere la vita reale e ricercare informazione. Spero che ci si riesca a rendere conto di questo grave problema, a regolamentare i social network e a renderli sicuri e senza fallaci etiche. 

~Kuro

The Social Dilemma (in 5 parole)

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