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Mi sveglio, la sveglia mi rimbomba nelle orecchie, posso sentire la sopraggiunta perdita dell’equilibro anche da sdraiata. La testa mi fa un gran male, la vista offuscata non mi permette di distinguere bene il telefono che squilla sul mio comodino. Mi accingo per spegnerlo, sbuffo, lentamente mi alzo, mi siedo sul bordo del letto e per ben 5 minuti non faccio nulla, ozio. 

Non era tardi, ero in perfetto orario, ma la mancante voglia mi costringe ad una lentezza nei movimenti inesorabile, faccio colazione, poi mi vesto, esco di casa e cammino fino alla fermata del bus.  

Sono ancora addormentata, tutto è sempre uguale, gli stessi vicoli, le stesse persone, le stesse macchie e crepe, la stessa puzza di piscio. Arrivato il bus, salgo, appoggio la fronte sulla prima maniglia che vedo e con gli occhi ancora socchiusi mi dirigo a lavoro.  

Tra un’immensa confusione composta dalle urla dei bambini preoccupati per il rientro a scuola, le suonerie telefoniche e le chiamate con volume troppo alto per essere prima mattina, inizio a fare ciò che faccio solitamente: penso al passato.  

Oramai sono anni che scelgo sempre la via più facile, preferisco non faticare, anestetizzare per quanto possibile la mia mente da quelle scelte passate piene di sé e di ma, grazie a quei pochi soldi che prendo a lavoro. 

Uscita dalle scuole medie avrei davvero voluto fare quel liceo tanto ambito, ce l’avrei fatta, le potenzialità le avevo. Avrei voluto davvero provarci con Gianluca, probabilmente avrebbe anche ricambiato, ma le continue discussioni in casa sua, non mi sentivo all’altezza. 

Due fermate e sono arrivata a lavoro. Come tutti i giorni scenderò dal bus, attraverserò via Santo Stefano ed entrerò in quelle quattro mura grigie, mi siederò al pc e continuerò così per tutti gli anni che seguiranno. È davvero questa la vita che voglio fare? Sto sprecando il mio tempo, ciò che ho di più prezioso, davvero preferisco il lavoro? 

La mia testa si riempie sempre di domande, ho paura di ciò che ho perso e tralasciato e per questo non riesco a godermi il presente, guardo al futuro, ma senza rischiare di essere felice. 

Avrei voluto non poltrire, non perdermi in stupidaggini, non pensare al futuro e agire.  

Sono arrivata, vedo questa abbagliante luce sfiorarmi la mente, il cambiamento, seguire la vera me, la felicità, prendere i soldi messi da parte, partire per una nuova città, prendermi un misero monolocale e iniziare a studiare astronomia, sarà faticoso, ma inizierò finalmente ad essere felice. Pensando questo, un odore, scala le pareti del mio naso, entra nelle narici, mi arriva fino al cervello: fumi di scarico.

La mia mente si annebbia.

Scendo dal bus, attraverso la strada, alzo lo sguardo e vedo la palazzina dove lavoro, sospiro. Entro.  

Un istante per pensare

~Kuro

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